Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 15 giugno 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

La monogamia indotta dalla recente evoluzione di un nuovo tipo cellulare. Una specie di roditore che si è rivelata monogama (Peromyscus polionotus) ha recentemente evoluto nelle ghiandole surrenaliche un nuovo tipo cellulare che esprime l’enzima AKR1C18, il quale converte il progesterone in 20α-idroprogesterone, che risulta abbondante in questa specie e, come hanno dimostrato Niepoth e colleghi, è responsabile del comportamento monogamico, assente nello stretto parente Peromyscus maniculatus caratterizzato da bassi livelli di 20α-idroprogesterone. I ricercatori hanno anche scoperto il meccanismo molecolare che ha contribuito all’emergere di questo nuovo tipo cellulare, che costituisce un esempio più unico che raro di una cellula esterna al cervello che determina un comportamento. E non un comportamento qualsiasi, ma quello per cui le arvicole Microtus ochrogaster sono studiate da decenni. [Cfr. Nature 629, 1082-1090, 2024].

 

I farmaci per trattare l’ADHD migliorano le funzioni cognitive. Sia farmaci stimolanti come il metilfenidato, sia farmaci non stimolanti come l’atomexetina, migliorano i processi cognitivi nei pazienti con disturbo dell’attenzione con iperattività (ADHD) e, in particolare: attenzione, inibizione, tempo di reazione e working memory. L’uso di questi farmaci per lunghi trattamenti si è rivelato efficace nel migliorare la cognizione. [Katya Rubia et al. Neuroscience and Biobehavioral Reviews – AOP doi: 10.1016/j.neubiorev.2024.105703, (July printed), 2024].

 

Il sildenafil (Viagra) aumenta il flusso ematico cerebrale e previene la demenza cerebrovascolare. Un team della Oxford University ha rilevato che il sildenafil (Viagra) accresce il flusso ematico e migliora la funzione cerebrovascolare in pazienti a rischio. L’esame ha incluso 75 volontari con segni di lievi danni ischemici e patologia dei piccoli vasi, e ha previsto il confronto degli effetti con quelli del ciclostazolo. Il sildenafil ha presentato maggiore efficacia e minori effetti collaterali. Saranno necessari ulteriori studi per verificare questi risultati e ipotizzare un’eventuale indicazione preventiva e terapeutica delle vasculopatie cerebrali. [Alastair Webb et al., Circulation Research, 4 giugno 2024].

 

Rappresentazione nel piacere e nel dolore di intensità e valenza affettiva. Il piacere e il dolore, quali esperienze di vissuto psichico fondamentali, implicano dimensioni affettive generali, quali stati positivi o negativi (valenza affettiva) e una gradazione che va dal debole al forte (intensità affettiva). La comprensione di come sono codificate queste dimensioni affettive del piacere e del dolore nel cervello ha importanti implicazioni cliniche, basti pensare all’analgesia indotta dal piacere o all’anedonia indotta da dolore cronico. Soo Ahn Lee e colleghi hanno identificato le rappresentazioni cerebrali di intensità affettiva e valenza affettiva di piacere e dolore.

Le due rappresentazioni non sono risultate solo spazialmente distinte l’una dall’altra, ma anche funzionalmente connesse con diverse reti di grande scala. I risultati di questo studio supportano un modello interpretativo che prevede una codifica generale per modalità, che integra distinte informazioni sensoriali di piacere e dolore in una generale esperienza affettiva. [Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2310433121, 2024].

 

La somiglianza non garantisce empatia: demolita la Teoria dell’Empatia Doppia. Una discussione che ha preso le mosse dallo studio di Luca Hargitai e colleghi sui limiti della Double Empathy Theory (Psychological Review), ha definitivamente invalidato questo costrutto. In estrema sintesi: la Teoria dell’Empatia Doppia, che si basa sulla tesi della similarità reciprocamente rilevata all’origine del sentimento empatico, presenta incoerenze e aspetti confusivi; la prova dei fatti dimostra che l’empatia può essere evocata da diversi tipi di interazione sociale, non solo da similarità; una visione neuroscientifica delle basi neurali dei processi psichici dimostra l’inadeguatezza del quadro culturale da cui prendeva origine questa idea.

Gettare alle ortiche questo costrutto ipotetico generosamente chiamato “teoria”, aiuta a liberarsi di alibi, razionalizzazioni e giustificazioni della resistenza a sviluppare empatia a causa di pregiudizi nei confronti di persone diverse da sé. [Fonte: The Conversation, June 2024].

 

Nell’antica Atene avevano funzione psicologica e sociale l’igiene personale e il trucco cosmetico (II parte). Ci siamo lasciati la scorsa settimana con la depilazione praticata da entrambi i sessi e con gli impasti depilatori a base di arsenico e calce, usati dalle donne. Oggi riprendiamo dai capelli. Il costume cambia radicalmente dal VI al V secolo a.C.: verosimilmente è la consapevolezza di poter impiegare l’igiene e l’estetica dei capelli con valenza psicologica e relazionale ad accrescere enormemente l’attenzione di tutti gli Ateniesi a questa componente dell’aspetto. Nel VI secolo entrambi i sessi portano i capelli lunghi e in genere li raccolgono in trecce, tanto lunghe da poterle far girare intorno al capo o da doverle fermare alla nuca. Nel V secolo cambia tutto: mentre gli uomini tagliano i capelli all’uso militare e degli atleti, le donne creano tante diverse pettinature; in una i capelli scendono ai lati del viso e del collo, fino a raggiungere ciascun seno, in un’altra li raccolgono dietro formando un nodo basso sul collo, in un’altra ancora sono tagliati in modo che si fermino sopra le spalle. Allo sviluppo delle acconciature si devono due usi tramandati per oltre un millennio e ancora vivi nel Rinascimento: intrecciare nastri colorati nei capelli o fermarli con un diadema che cerchia la fronte e presenta un gioiello nel mezzo[1].

Dopo la vittoria degli Ateniesi sui Persiani nella battaglia di Maratona del 490 a.C., gli uomini cominciano a tagliarsi i capelli, a somiglianza del condottiero adolescente sbarbato Alessandro cominciano a tagliarsi baffi e barbe, con un rasoio di ferro a forma di falce. L’estetica è dettata dalle donne: nessun Greco porta i baffi senza la barba, che viene curata e tagliata, in genere a punta. Il barbiere non si limita a tagliare barba e capelli, ma cura l’igiene e l’aspetto del suo cliente tagliandogli le unghie, cospargendolo di creme, oli e balsami, e consigliandolo su abbigliamento e ornamenti: è documentato che alla fine della prestazione gli offriva uno specchio di metallo lustrato per la costatazione e la verifica dell’effetto prodotto.

Si vuole che in questo periodo nasca il ruolo sociale del barbiere diffuso poi in tutto il mondo occidentale: alla sua bottega si va anche per avere notizie e conoscere i fatti della città, per confidarsi, per fare amicizie, per trovare conforto o aiuto e, in molti casi, per discutere di filosofia: Teofrasto dice che si tengono in quei luoghi dei “simposi senza vino”[2]. Non si andava, dunque, solo per cambiare aspetto ma anche per cambiare ambiente mentale. Il ruolo sociale del barbiere diventa così importante che gli apprendisti studiano la facondia, la capacità affabulativa e la teatralità nei modi del maestro non meno della sua tecnica nei compiti del mestiere. Alcuni si recano in quelle affollate botteghe con qualche pretesto, solo per assistere a stimolanti, curiosi e divertenti monologhi o a improvvisati dibattiti sul tema del giorno.

La loquacità del barbiere era proverbiale, ma non a tutti era gradita: quando uno dei più nobili rappresentanti del mestiere chiese al re Archelao di Macedonia: “Come vuole che le tagli i capelli?”, il re rispose: “In silenzio!”[3].

I barbieri, che avevano tutto l’interesse a raccomandare di tenere ben curata e in mostra la capigliatura, diffusero la credenza che portare copricapi di qualsiasi genere facesse ingrigire precocemente i capelli. Per questa ragione, i Greci coprivano il capo solo in viaggio, in battaglia o per lavorare sotto il sole estivo: Tucker riporta da documenti antichi che alcuni lavoratori proteggevano dal sole soltanto il capo, con un berretto.

Le donne di Sparta, imitando le ateniesi come si faceva ormai in tutta la Grecia, cominciarono a diversificare in modo straordinario le acconciature, studiandone di adatte a favorire la seduzione o a incutere rispetto: intervenne lo stato, legiferando in modo da stabilire la foggia delle pettinature lecite e indicare con precisione quelle proibite, che rendevano le donne passibili di pena. Anche in questo i Lacedemoni avevano un regime molto più restrittivo di quello di Atene, dove la legge era intervenuta solo per limitare il numero di vestiti da portare in viaggio: massimo tre per ogni donna, oltre quello indossato[4]. Ma leggiamo in Durant: “Le donne ridono di queste severe restrizioni e, senza bisogno dell’aiuto di avvocati, riescono a eluderle facilmente; sanno che per la maggioranza degli uomini e per alcune delle altre loro simili è il vestito che fa la donna e il loro comportamento in questo caso rivela una saggezza accumulata attraverso il corso di molti secoli”[5].

Le calzature sono prevalentemente calzari: dai sandali a modelli che coprivano la gamba: in genere gli uomini le portavano di cuoio nero, le donne rosso o di altri colori. Da Dicearco sappiamo che le donne di Tebe portavano calzature basse porporine che permettevano loro di mostrare i piedi nudi e valorizzavano quelli delicati e curati. Schiavi, servi e bambini andavano in giro scalzi, soprattutto durante la buona stagione.

Gli storici della civiltà trattano in genere l’argomento relativo al portare gioielli e ornamenti preziosi fra gli indici del benessere economico e rilevano che “Il lusso ad Atene, come in tutte le culture mercantili, raggiunge l’eccesso tra coloro per i quali la ricchezza è una novità”[6]. A noi interessa invece un altro aspetto: l’uso psicologico, al di là di quello banale di ostentazione, di gioielli e preziosi. Le possibilità per le donne sono numerose: bracciali, collane, diademi, orecchini, catene, spille, fermagli, fibbie ingemmate, nastri ingioiellati alle caviglie e alle braccia. Basta portare uno solo oggetto prezioso, in alcune circostanze, per far cambiare la considerazione degli altri e il paradigma che costoro adottano nel rapportarsi alla donna. Si comprende, dunque, che molte donne povere, soprattutto se giovani, facevano di tutto per nascondere la loro condizione economica, esibendo uno o più gioielli: alcune risparmiavano per anni, altre se li facevano prestare o, talvolta, li prendevano in affitto. In tal modo, evitavano gli effetti del pregiudizio, che induceva molti Ateniesi a considerare le ragazze povere poco intelligenti, ignoranti e poco rispettabili. Un diadema, una collana, degli anelli potevano significare l’appartenenza a una famiglia, a un potere, a una tradizione, a una storia, a un valore riconosciuto in città.

Aristotele portava molti anelli, ma gli uomini in genere ne portano almeno uno. È curioso l’uso dei bastoni da passeggio, nato per il sostegno degli anziani nelle difficoltà di deambulazione, diventa una moda seguita anche dai giovani e, come per le donne, un mezzo per ottenere considerazione: i bastoni sono lavorati a mano e sormontati da pomi d’argento o d’oro. Non sono pochi i giovani di famiglie agiate aspiranti a grandi carriere politiche che ricorrono al trucco cosmetico, a un abbigliamento raffinato, a un numero considerevole di anelli e a maneggiare come un grande scettro un bastone con la sommità d’oro massiccio. [BM&L-Italia, giugno 2024].

 

Notule

BM&L-15 giugno 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Cfr. Will & Ariel Durant, Storia della Civiltà – Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, – L’Età dell’Oro, p. 60, Edito-Service, Ginevra, e Mondadori, Milano 1968.

[2] Cfr. Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, – L’Età dell’Oro, op. cit., p. 60.

[3] Tucker cit. in Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, – L’Età dell’Oro, op. cit., idem.

[4] Cfr. Fustel de Coulanges, La cité antique. Hachette, Paris 1943 (consultabile presso la biblioteca della Pontificia Università Lateranense).

[5] Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, – L’Età dell’Oro, op. cit., p. 62.

[6] Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, – L’Età dell’Oro, op. cit., idem.